Cinema Odeon Firenze (CineHall)
Lo spartiacque tra vecchio e nuovo nella storia della canzone italiana viene solitamente indicato nel brano Nel blu, dipinto di blu di Domenico Modugno e Franco Migliacci (1958), universalmente noto come Volare. Uno spartiacque simbolico, al di là del quale si fa strada una tendenza linguistica che inaugura l’affrancamento di alcuni autori dal tradizionale codice canzonettistico, fatto di arcaismi (come beltà), troncamenti in rima (sol, mar e cuor) e inversioni sintattiche. Tale tendenza diventa evidente a un decennio di distanza, grazie ai testi di quelli che iniziano a essere chiamati cantautori (la parola è del 1960), e avvia un duplice scarto dalla tradizione: da un lato una lingua semplice, fitta di tratti del parlato (lessico colloquiale, ripetizioni); dall’altro un rinnovato gusto per la parola poetica, che rimane saldo nel patrimonio stilistico della nostra musica leggera. Le due anime rimarranno sempre compresenti nella canzone italiana (e in quella toscana, fino a oggi: da un lato i versi «quanto t’ho amato e quanto t’amo non lo sai / […] / nell’amor le parole non contano conta la musica» in Quanto t’ho amato di Benigni, 2002; dall’altro titoli come Vaffanculo e Bella stronza di Marco Masini, 1993 e 1995), con momenti di frattura più o meno dirompenti come l’esplosione hip hop, con il suo linguaggio giovanile e i dialetti. Molto famosi nella varietà di tale panorama sono i fiorentini Litfiba, che nei loro testi puntano sulla trasgressione, esibendo un repertorio di temi e immagini di ribellione veicolato da un lessico ricco di colloquialismi e forestierismi («Cuore bestia cuore cane / lasciatemi nell’angolo da me», Cane, 1986; «Ah, che cazzo dici? / La vostra libertà», Tex, 1988; «ah sua santità el diablo / sei sei sei» El diablo, 1992).
L’italiano e la canzone dagli anni Sessanta ai Litfiba. Tradizione e trasgressione
Una foto dei Litfiba a Firenze nei primi anni Ottanta.
Il gruppo, nato nella contaminazione di punk e new wave di fine anni Settanta, è noto per aver iniziato a suonare in una sala prove in via de’ Bardi 32, come ricorda lo stesso nome (LIT = L’Italia, FI = Firenze, BA = via de’ Bardi; secondo alcuni si tratta delle iniziali dell’indirizzo telex, con il prefisso L).
Il gruppo, nato nella contaminazione di punk e new wave di fine anni Settanta, è noto per aver iniziato a suonare in una sala prove in via de’ Bardi 32, come ricorda lo stesso nome (LIT = L’Italia, FI = Firenze, BA = via de’ Bardi; secondo alcuni si tratta delle iniziali dell’indirizzo telex, con il prefisso L).
Lo spartiacque tra vecchio e nuovo nella storia della canzone italiana viene solitamente indicato nel brano Nel blu, dipinto di blu di Domenico Modugno e Franco Migliacci (1958), universalmente noto come Volare. Uno spartiacque simbolico, al di là del quale si fa strada una tendenza linguistica che inaugura l’affrancamento di alcuni autori dal tradizionale codice canzonettistico, fatto di arcaismi (come beltà), troncamenti in rima (sol, mar e cuor) e inversioni sintattiche. Tale tendenza diventa evidente a un decennio di distanza, grazie ai testi di quelli che iniziano a essere chiamati cantautori (la parola è del 1960), e avvia un duplice scarto dalla tradizione: da un lato una lingua semplice, fitta di tratti del parlato (lessico colloquiale, ripetizioni); dall’altro un rinnovato gusto per la parola poetica, che rimane saldo nel patrimonio stilistico della nostra musica leggera. Le due anime rimarranno sempre compresenti nella canzone italiana (e in quella toscana, fino a oggi: da un lato i versi «quanto t’ho amato e quanto t’amo non lo sai / […] / nell’amor le parole non contano conta la musica» in Quanto t’ho amato di Benigni, 2002; dall’altro titoli come Vaffanculo e Bella stronza di Marco Masini, 1993 e 1995), con momenti di frattura più o meno dirompenti come l’esplosione hip hop, con il suo linguaggio giovanile e i dialetti. Molto famosi nella varietà di tale panorama sono i fiorentini Litfiba, che nei loro testi puntano sulla trasgressione, esibendo un repertorio di temi e immagini di ribellione veicolato da un lessico ricco di colloquialismi e forestierismi («Cuore bestia cuore cane / lasciatemi nell’angolo da me», Cane, 1986; «Ah, che cazzo dici? / La vostra libertà», Tex, 1988; «ah sua santità el diablo / sei sei sei» El diablo, 1992).