Tomba di Paolo dell'Abbaco
Le origini della parola abaco, nonostante l’importanza del termine nell’italiano scientifico, sono molto incerte. Il punto di partenza è sicuramente rappresentato dal greco abax, àbakos che riproduce probabilmente un’antica parola fenicia dal significato sconosciuto, ma legata alla pratica del calcolo (la creazione dei primi segni grafici indicanti quantità si fa risalire proprio ai popoli semiti). In occidente il latino abacus e in particolare l’italiano abaco o abbaco ebbero di volta in volta diversi significati legati al mondo della matematica. In origine il termine indicava uno strumento di calcolo costituito da una tavoletta di legno sulla quale venivano condotte operazioni (da non confondere, come spesso accade, con il pallottoliere, molto più recente), ma a partire dal 1202, anno della composizione del Liber abaci del pisano Leonardo Fibonacci, la parola identificherà l’arte stessa del calcolo, divenendo grosso modo un sinonimo di aritmetica, anche se nei libri d’abbaco si trattava anche di geometria e di astronomia; il Trattato di Paolo dell’Abbaco, non a caso, inizia proprio con un’ampia disquisizione astronomica e astrologica, che impiega da subito tutte le parole e gli accorgimenti di un manuale di matematica. Più tardo (a partire dal 1327) è l’uso traslato della parola con il significato di ‘cifra araba’, per distinguere i segni grafici importati dall’oriente con le antiche cifre romane.
Abaco: una parola, ma anche un genere
Paolo dei Dagomari, Trattato d'abaco, 1339 ca.
Nella prima parte del Trattato di Maestro Paolo sono presenti già molte caratteristiche di un moderno manuale di matematica, dalle parole (multiplicare, restare) alle tecniche espositive (l’uso dei verbi alla prima persona plurale dell’indicativo presente: facciamo, multiplichiamo).
Nella prima parte del Trattato di Maestro Paolo sono presenti già molte caratteristiche di un moderno manuale di matematica, dalle parole (multiplicare, restare) alle tecniche espositive (l’uso dei verbi alla prima persona plurale dell’indicativo presente: facciamo, multiplichiamo).
Le origini della parola abaco, nonostante l’importanza del termine nell’italiano scientifico, sono molto incerte. Il punto di partenza è sicuramente rappresentato dal greco abax, àbakos che riproduce probabilmente un’antica parola fenicia dal significato sconosciuto, ma legata alla pratica del calcolo (la creazione dei primi segni grafici indicanti quantità si fa risalire proprio ai popoli semiti). In occidente il latino abacus e in particolare l’italiano abaco o abbaco ebbero di volta in volta diversi significati legati al mondo della matematica. In origine il termine indicava uno strumento di calcolo costituito da una tavoletta di legno sulla quale venivano condotte operazioni (da non confondere, come spesso accade, con il pallottoliere, molto più recente), ma a partire dal 1202, anno della composizione del Liber abaci del pisano Leonardo Fibonacci, la parola identificherà l’arte stessa del calcolo, divenendo grosso modo un sinonimo di aritmetica, anche se nei libri d’abbaco si trattava anche di geometria e di astronomia; il Trattato di Paolo dell’Abbaco, non a caso, inizia proprio con un’ampia disquisizione astronomica e astrologica, che impiega da subito tutte le parole e gli accorgimenti di un manuale di matematica. Più tardo (a partire dal 1327) è l’uso traslato della parola con il significato di ‘cifra araba’, per distinguere i segni grafici importati dall’oriente con le antiche cifre romane.