Palazzo Pitti

Francesco Redi, inventore di libri. I falsi rediani e il Vocabolario della Crusca

Francesco Redi, inventore di libri. I falsi rediani e il Vocabolario della Crusca
Francesco Redi, Lettera a Messer Paolo Falconieri intorno all’invenzione degli occhiali (1690), in Opere di Francesco Redi gentiluomo aretino e Accademico della Crusca, presso Michele Stasi, Napoli, 1778.
Per dimostrare che l’uso degli occhiali da vista era già diffuso in Firenze nei primi anni del XIV secolo, in questo brano Redi non ha paura di citare letteralmente un brano dell’inesistente Trattato di Governo di Sandro di Pippozzo, fittizio libro di famiglia della fine del XIII secolo. Sono evidenti nella citazione tratti caratteristici dell’italiano del Trecento, esibiti con ostentazione (truovo, cosie, comoditae, veki, affiebolano).


Francesco Redi, divenuto membro effettivo dell’Accademia della Crusca nel 1658, è subito coinvolto nei lavori di schedatura e di selezione lessicale in vista della III edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, che avrebbe visto la luce nel 1691. Questa semplice collaborazione si trasforma progressivamente (soprattutto a partire dal 1678, quando Redi diviene Arciconsolo dell’Accademia) in un’attività ben più ampia, che comporta importanti decisioni nel progetto complessivo del Vocabolario. Redi pensava a un dizionario che sostenesse e documentasse una lingua italiana dinamica, viva, lontana dalla semplice pedanteria letteraria, ma allo stesso tempo fondata e selezionata sulla base dei migliori esempi del toscano cólto, antico e contemporaneo. Per convalidare le proprie idee e giustificare l’introduzione di determinati vocaboli ed espressioni nel Vocabolario, Redi arriva a confezionare dei veri e propri falsi, riproducendo nei documenti preparatori interi brani di presunti testi trecenteschi che egli affermava di possedere. Ci vollero diversi decenni perché i falsi rediani venissero smascherati; nel frattempo, non solo essi vennero accolti nel Vocabolario della Crusca, ma per almeno un secolo letterati e intellettuali considerarono opere come il Trattato di Governo di Pippozzo di Sandro (inventato da Redi) tra i testi che descrivevano l’antica e autorevole lingua toscana trecentesca.