Teatro della Pergola

Gianni Schicchi, la Firenze di Puccini nel mondo

Gianni Schicchi, la Firenze di Puccini nel mondo
Una scena del Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, 1918, foto di White Studios, New York.
La prima al Metropolitan Opera House di New York (14 dicembre 1918) testimonia l’affermazione dell’opera in lingua italiana negli Stati Uniti, dopo il grande successo avuto nell’America Latina tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.



Gianni Schicchi, parte del cosiddetto Trittico con Il Tabarro e Suor Angelica, è un atto unico di Puccini su libretto di Giovacchino Forzano, andato in scena dal 1918 a New York e poi in tutta Europa. L’importanza dell’opera è duplice: oltre a contribuire alla diffusione della nostra lingua all’estero nella fase in cui la fortuna del melodramma è al tramonto, Gianni Schicchi rafforza l’interesse per la storia della Firenze medievale: a ispirarla è un canto della Commedia, il XXX dell’Inferno, nel quale Dante parla di Gianni Schicchi de’ Cavalcanti, falsatore di persona vissuto nel Duecento (una delle due ombre smorte e nude dei vv. 22-45: «E l’Aretin che rimase, tremando / mi disse: “Quel folletto è Gianni Schicchi, / e va rabbioso altrui così conciando”»). Si tratta di un’opera importante, una delle ultime prove significative del genere comico. L’ambientazione toscana si ripercuote anche sulle scelte stilistiche: il linguaggio dei personaggi è aperto alla varietà dei registri del parlato e all'imitazione giocosa del fiorentino antico, con temi brevi e una sintassi serrata, come a riprodurre l’andamento concitato delle scene narrate. Nel Gianni Schicchi sono evidenti la modernità dei libretti pucciniani (scritti, come quelli verdiani, sotto il forte condizionamento della volontà del compositore) e l’evoluzione del linguaggio poetico verso una maggiore prosasticità.