Dubbi grammaticali

I dubbi linguistici dei grandi scrittori italiani

I dubbi linguistici dei grandi scrittori italiani
Baldassarre Castiglione, una pagina dell’autografo del Cortegiano, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana (ms. Ashb. 409 f. 186r).
Nella redazione definitiva (1528) la lingua del Cortegiano fu sottoposta a una revisione toscaneggiante.



Tra gli ultimi anni del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento, l’affermarsi del modello linguistico del fiorentino trecentesco comporta, soprattutto per gli autori non toscani, un’intensa attività di revisione linguistica delle proprie opere. In questo periodo, gli scrittori mostrano una generale tendenza a eliminare i tratti linguistici tipici dei loro volgari locali e a uniformarsi alle prescrizioni del Bembo. È il caso, ad esempio, dei rimaneggiamenti linguistici del Cortegiano di Baldassarre Castiglione, oppure della triplice stesura dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. L’edizione definitiva del Furioso (1532) è caratterizzata dalla presenza di alcune parti introdotte per la prima volta e da una profonda e accurata revisione linguistica, orientata quasi sistematicamente verso le dottrine del Bembo: Ariosto continuò ad apportare cambiamenti quando la tiratura in tipografia era già iniziata e in alcuni esemplari sostituì anche un intero foglio di stampa. È significativo che anche un fiorentino come Francesco Guicciardini raccolga note di dubbi grammaticali da sciogliere in vista di una futura edizione a stampa della sua Storia dItalia. Codificazione grammaticale e creazione letteraria s’intrecciano nella storia dell’italiano più di quanto non si creda. Modelli di prosa e di poesia che oggi ci appaiono monumenti immutabili sono stati il frutto di correzioni e ripensamenti dettati, in molti casi, da motivazioni linguistiche. Un esempio emblematico è rappresentato dalla meticolosa revisione del testo dei Promessi Sposi compiuta da Alessandro Manzoni nell’Ottocento.