Palazzo Guicciardini

Dubbi grammaticali

Ritiratosi dalla vita politica nel 1537, Francesco Guicciardini (Firenze, 1483 - Arcetri, 1540) dedica gli ultimi anni di vita alla composizione e alla revisione della sua Storia d’Italia. Tra i vari quaderni autografi di questo periodo, c’è un foglio sul quale lo scrittore annota una serie di alternanze linguistiche (se si debba dire desiderio o disiderio, denari o danari e simili) sulle quali non sa decidersi. I dubbi di Guicciardini riguardano perlopiù oscillazioni tra fiorentino antico (e in particolare trecentesco o “aureo”) e fiorentino moderno (quattro-cinquecentesco, “argenteo”): per esempio, gli articoli il, i / el, e, il numerale due / duoi, l’imperfetto io amavaio amavo. Oppure tra grafie e forme latineggianti o volgari: come exemplo / es(s)emplo, observare / osservare, prudentia / prudenz(i)a, ecc. Questi dubbi costituiscono un documento interessante delle incertezze che la diffusione delle teorie grammaticali del Bembo aveva suscitato soprattutto nei fiorentini. A Firenze, infatti, in virtù del prestigio linguistico di cui la città godeva, gli scrittori tendevano a uniformarsi alla lingua dei classici trecenteschi molto meno di quanto facessero i non toscani. È significativo che negli appunti del Guicciardini il nome di Bembo compaia ben cinque volte.

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