Piazza Santa Trinita
Francesco Landini, chiamato Cieco degli organi (Fiesole, ca. 1335 - Firenze, 1397), è il più famoso organista del Trecento italiano, principale autore dell’Ars Nova (la musica profana del XIV secolo, contrapposta alla polifonia sacra del secolo precedente, la Ars Antiqua, in virtù delle sue novità strutturali e formali). Compositore e costruttore di strumenti, Landini – oggi meno conosciuto del pronipote Cristoforo Landino (l’umanista quattrocentesco delle Disputationes camaldulenses) – ci è noto attraverso le testimonianze di Filippo Villani, Coluccio Salutati, Cino Rinuccini («E accioché nelle arti liberali niuno savio ci manchi, avemo in musica Francesco, cieco del corpo, ma dell'anima illuminato»), Giovanni Gherardi da Prato e Jacopo del Pecora; è l’inventore di una particolare formula melodica conclusiva, detta cadenza di Landini (usata per la prima volta nella ballata Non arà mai pietà, e divenuta presto diffusissima tra i compositori europei). Il musicista si distingue anche come letterato: oltre ad alcuni scritti in latino, è l’autore della maggior parte dei testi poetici delle sue composizioni (tra le quali vanno ricordate la celebre ballata Che pena è questa al cor, il madrigale Una colomba candida e gentile, la caccia Così pensoso com’Amor mi guida). Le rime del Landini – nelle quali è spesso evidente l’influenza del Dante della Vita Nova – sono caratterizzate dall’uso dei cosiddetti senhals, figure retoriche tipiche della poesia medievale usate per nascondere nei versi il nome del loro destinatario (come per esempio Cosa per Niccolosa, Lena per Maddalena). Parte dell’opera landiniana è conservata a Firenze, nel codice Squarcialupi Pal.87 della Biblioteca Medicea Laurenziana e nel Panciatichiano 26 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Landini, musicista e poeta
Francesco Landini, La bionda trezza (ballata), riproduzione dal Codice Squrcialupi Pal. 87, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana.
Francesco Landini, chiamato Cieco degli organi (Fiesole, ca. 1335 - Firenze, 1397), è il più famoso organista del Trecento italiano, principale autore dell’Ars Nova (la musica profana del XIV secolo, contrapposta alla polifonia sacra del secolo precedente, la Ars Antiqua, in virtù delle sue novità strutturali e formali). Compositore e costruttore di strumenti, Landini – oggi meno conosciuto del pronipote Cristoforo Landino (l’umanista quattrocentesco delle Disputationes camaldulenses) – ci è noto attraverso le testimonianze di Filippo Villani, Coluccio Salutati, Cino Rinuccini («E accioché nelle arti liberali niuno savio ci manchi, avemo in musica Francesco, cieco del corpo, ma dell'anima illuminato»), Giovanni Gherardi da Prato e Jacopo del Pecora; è l’inventore di una particolare formula melodica conclusiva, detta cadenza di Landini (usata per la prima volta nella ballata Non arà mai pietà, e divenuta presto diffusissima tra i compositori europei). Il musicista si distingue anche come letterato: oltre ad alcuni scritti in latino, è l’autore della maggior parte dei testi poetici delle sue composizioni (tra le quali vanno ricordate la celebre ballata Che pena è questa al cor, il madrigale Una colomba candida e gentile, la caccia Così pensoso com’Amor mi guida). Le rime del Landini – nelle quali è spesso evidente l’influenza del Dante della Vita Nova – sono caratterizzate dall’uso dei cosiddetti senhals, figure retoriche tipiche della poesia medievale usate per nascondere nei versi il nome del loro destinatario (come per esempio Cosa per Niccolosa, Lena per Maddalena). Parte dell’opera landiniana è conservata a Firenze, nel codice Squarcialupi Pal.87 della Biblioteca Medicea Laurenziana e nel Panciatichiano 26 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.