Palazzo delle Poste e dei Telegrafi
La vita e l’opera scientifica di Antonio Meucci (Firenze, 1808 - New York, 1889) sono segnate da numerose vicende tormentate e da frequenti avversità. Prima daziere per le dogane del Granducato, emigrato poi a Cuba (dove lavora come tecnico di scena) e quindi negli Stati Uniti, Meucci comincia ben presto ad interessarsi di scienza e a produrre una lunga serie di invenzioni tecniche di diversa utilità tre le quali la più importante è di sicuro il primo apparecchio telefonico della storia, sperimentato nel 1849. La paternità dell’invenzione, tuttavia, non gli verrà riconosciuta che poco prima della morte, avvenuta in condizioni di indigenza e povertà. La sfortuna del Meucci inventore si accompagna a una certa sfortuna del Meucci lessicografo tecnico. Lo scienziato toscano è infatti un prolifico inventore di parole tecniche, testimoniate dai suoi diari, che tuttavia non riescono mai ad affermarsi come termini di uso comune: l’esempio più eclatante è proprio quello di telettrofono, il primo nome dell’odierno telefono, complesso composto grecizzante, che tuttavia non prenderà mai piede, penalizzato dalla sfortunata vicenda attributiva dell’apparecchio. A ostacolare la diffusione dei termini coniati da Meucci, inoltre, contribuisce forse la formazione linguistica un po’ datata dello scienzato: nei suoi scritti, infatti, sono frequenti espressioni come fluido elettrico per ‘elettricità’, abbandonate dalla comunità scientifica del tempo ormai da quasi un secolo.
Le parole sfortunate di Antonio Meucci
Antonello Ciaburro, Francobollo celebrativo dell’invenzione del telefono, 28 maggio 2003.
Nel francobollo celebrativo del 2003, l’artista Antonello Ciaburro raffigura, accanto al volto di Meucci, una rappresentazione del primo modello di telettrofono brevettato con questo nome dallo scienziato nel 1871 e costituito da due campane ricevitore/trasmettittore e da due complessi di pile elettriche, visibili ai due lati della figura.
Nel francobollo celebrativo del 2003, l’artista Antonello Ciaburro raffigura, accanto al volto di Meucci, una rappresentazione del primo modello di telettrofono brevettato con questo nome dallo scienziato nel 1871 e costituito da due campane ricevitore/trasmettittore e da due complessi di pile elettriche, visibili ai due lati della figura.
La vita e l’opera scientifica di Antonio Meucci (Firenze, 1808 - New York, 1889) sono segnate da numerose vicende tormentate e da frequenti avversità. Prima daziere per le dogane del Granducato, emigrato poi a Cuba (dove lavora come tecnico di scena) e quindi negli Stati Uniti, Meucci comincia ben presto ad interessarsi di scienza e a produrre una lunga serie di invenzioni tecniche di diversa utilità tre le quali la più importante è di sicuro il primo apparecchio telefonico della storia, sperimentato nel 1849. La paternità dell’invenzione, tuttavia, non gli verrà riconosciuta che poco prima della morte, avvenuta in condizioni di indigenza e povertà. La sfortuna del Meucci inventore si accompagna a una certa sfortuna del Meucci lessicografo tecnico. Lo scienziato toscano è infatti un prolifico inventore di parole tecniche, testimoniate dai suoi diari, che tuttavia non riescono mai ad affermarsi come termini di uso comune: l’esempio più eclatante è proprio quello di telettrofono, il primo nome dell’odierno telefono, complesso composto grecizzante, che tuttavia non prenderà mai piede, penalizzato dalla sfortunata vicenda attributiva dell’apparecchio. A ostacolare la diffusione dei termini coniati da Meucci, inoltre, contribuisce forse la formazione linguistica un po’ datata dello scienzato: nei suoi scritti, infatti, sono frequenti espressioni come fluido elettrico per ‘elettricità’, abbandonate dalla comunità scientifica del tempo ormai da quasi un secolo.