Ritratto di giovane donna col Petrarchino

Petrarca e il volgare fiorentino: un modello per la lingua poetica

Petrarca e il volgare fiorentino: un modello per la lingua poetica
Francesco Petrarca, Il codice degli abbozzi del Canzoniere Vaticano Latino 3196, cc. 12v-13r, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana.
Dei Rerum vulgarium fragmenta (il titolo originale del Canzoniere di Petrarca) è giunta fino a noi – oltre al testo definitivo, scritto dallo stesso Francesco e da un suo fedele segretario – anche il cosiddetto “codice degli abbozzi” (Vaticano Latino 3196), una sorta di brutta copia da cui possiamo ricostruire i dubbi e le successive correzioni di Petrarca: il manoscritto rappresenta dunque una testimonianza viva della scrittura del Canzoniere nel suo farsi capolavoro.


Francesco Petrarca, che nasce ad Arezzo (1304 - Arquà, 1374) e passa nella città di Firenze solo un breve periodo della sua vita, scrive nel fiorentino illustre trecentesco il Canzoniere, capolavoro poetico iniziatore della tradizione italiana e poi europea della lirica d’amore in volgare. Anche se la prima lingua di Petrarca è il latino e in lui rimane sempre fortissimo l’interesse per la cultura classica, il libro poetico che narra l’amore per Laura viene scritto nel volgare del tempo, seguendo però un ideale di lingua rarefatta ed estremamente ricercata. Nel Cinquecento Petrarca viene indicato dal classicista Pietro Bembo come modello per la lingua poetica (accanto a Boccaccio per la prosa) divenendo così un punto di riferimento imprescindibile. A partire da questo momento, la lingua letteraria italiana si allontana dalla lingua viva e si basa sull’imitazione del fiorentino “aureo” del Trecento. La prima edizione del Canzoniere stampata da Manuzio nel 1501 e curata da Bembo ha una grande fortuna editoriale. La moda del “petrarchino” – cioè di un volumetto di piccolo formato con le poesie in volgare di Petrarca – si diffonderà rapidamente nelle corti d’Europa e contribuirà a promuovere un nuovo modo di leggere: le edizioni, in formato ridotto e senza note di commento, permettevano una lettura più agevole e il libro diventava un oggetto quotidiano. Questo modo di leggere è testimoniato anche da molti quadri del tempo: il libro non è più poggiato su un tavolo o su un leggio ma è tenuto tra le mani, come fa l’ignota lettrice ritratta da Andrea del Sarto.