Museo Galileo - Istituto e Museo di Storia della Scienza

Cannocchiale di Galileo

Nel corso dell’estate del 1609 Galileo Galilei realizza, imitando il modello di un più rozzo strumento di origine olandese, il primo di una serie di dispositivi ottici in grado di mostrare «trenta volte più vicini che visti a occhio nudo» oggetti posti a grande distanza. L’anno successivo Galileo dona al granduca Cosimo II de’ Medici, suo antico allievo di matematica, un modello perfezionato (capace di raggiungere i venti ingrandimenti) di questo cannocchiale o telescopio. Con questo strumento vengono condotte fondamentali osservazioni astronomiche (la superficie della Luna, la Via Lattea) e sconvolgenti scoperte (l’esistenza delle macchie solari e dei satelliti di Giove, che Galileo battezza pianeti Medicei in onore di Cosimo) che contraddicono i principi della scienza dell’epoca e la cui descrizione viene pubblicata da Galileo nel 1610 nel Sidereus Nuncius. L’invenzione del cannocchiale, inoltre, stimola in Galileo e nei suoi corrispondenti la nascita di nuove parole dell’ottica e dell’astronomia come accrescimento (‘ingrandimento’), aberrazione, terminatore (la linea che separe luce e ombra sulla superficie lunare), fulgore ascitizio (luce che circonda il corpo di un astro durante l’osservazione). Nella letteratura e nella cultura dell’epoca, inoltre, il cannocchiale diviene ben presto il simbolo del nuovo pensiero critico, basato sull’esperienza diretta dei sensi e sulla libertà d’opinione. Non a caso Emanuele Tesauro intitolerà Il cannocchiale aristotelico (1655) la sua opera sui canoni della nuova poesia barocca: l’invenzione di Galileo è l’emblema stesso di tutto ciò che è moderno, anche linguisticamente.

APPROFONDIMENTI

ITINERARI